Alla riscoperta degli antichi mestieri: un viaggio attraverso il presepe vivente

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Tra una suggestiva scenografia fatta di vicoli stretti, stanze rustiche e un viaggio nel tempo alla riscoperta degli antichi mestieri siciliani, anche quest’anno nel quartiere San Basilio è andato in scena il Presepe Vivente che con i suoi personaggi, le sue musiche, i suoi colori ha incantato per due giorni un gran numero di visitatori. Ad organizzarlo e curarlo nei dettagli il gruppo folk ‘A Musetta di Troina in sinergia con l’amministrazione comunale. In tempi antichi esistevano in Sicilia alcuni mestieri di cui ci si ricorda a malapena. Mestieri che oggi servono a raccontarci stili di vita fatti di cose semplici e in un mondo sempre più tecnologico forse è anche un invito a riscoprire le nostre origini.

 

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U Fuggiaru” Realizzava umili strumenti da lavoro come ù zappuni (la zappa), oppure ù scappèddu (lo scalpello) e utensili da cucina. “U Fuggiaru” batteva ritmicamente ‘cù mattèddu’ (col martello), il ferro precedentemente arroventato ‘ntà fòggia’ (focolaio a carbone), sull’incudine, a intervalli regolari.

 

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“U caliaru” Faceva e vendeva la “calia” ovvero i ceci tostati. Non si trattava ovviamente di ceci qualsiasi: la qualità è data da una tipologia molto antica di questo legume caratterizzata dalle dimensioni piccole spesso proveniente da Enna e Siracusa.
La storia della calia è una tradizione che si perde nella notte dei tempi. La tecnica della caliatura, (in siciliano caliare significa tostare) è probabilmente di origine araba, da cui anche l’origine del nome, dall’arabo “haliah”.

 

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“U Stagnataru” Un mestiere ormai scomparso da quando le pentole in acciaio hanno sostituito le vecchie “quarare” in rame. Il suo lavoro consisteva nel saldare a stagno diversi recipienti metallici (catini e bagneri), ma anche nel ripassare uno strato di zinco all’interno delle pentole di rame (quarari e quararuna) che, diversamente, avrebbero potuto rilasciare negli alimenti sostanze tossiche. Il suo insostituibile attrezzo era il ferro per saldare, una sorta di martelletto con manico isolante ed un recipiente cilindrico, anch’esso con manico, dentro il quale c’era il carbone ardente che serviva a tenere caldo il ferro per la fusione dello stagno.

 

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“U scarparu” Nell’immediato dopoguerra, era un lusso possedere un paio di scarpe. C’era persino chi al posto di esse indossava “i zampitti”, pezzi di copertone d’auto legati ai piedi col fil di ferro o addirittura si camminava scalzi. Se si rompevano le scarpe si andava a rattopparle nella bottega do Scarparu che realizzava anche le scarpe su misura, e ciò era un lusso assoluto perchè tranne che prodotte da lui non se ne trovavano in giro.

 

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“A ricamatrici” In latino “textus”, significa tessuto/tessuti, ma anche intreccio, trama, narrazione. E quindi il tessuto diventa una vera e propria narrazione, la narrazione della società del tempo, la narrazione della storia personale delle donne. In Sicilia, ricamare significava comunità, condivisione, si ricamava per strada davanti le case a 40 gradi all’ombra d’estate, significava condividere tecniche e anche pettegolezzi, era la vera socialità, era un vero e proprio rituale tutto al femminile.

 

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“I filatrici da lana” L’attrezzo con cui si filava era il fuso, un bastoncino con al centro un rotondo di legno e ad un’estremità , una specie di uncino. Vi si agganciava il materiale da filare, lo si faceva girare per ottenere un filo sottile e compatto che poi veniva avvolto sullo stesso fuso e , quando diventava tanto , veniva arrotolato in grossi gomitoli. Si comprava la lana direttamente dai pastori quando tosavano le pecore, la si lavava più volte, la si faceva asciugare a lungo sul pavimento della terrazza o del balcone o in altro posto idoneo, poi la si allargava, e quando era diventata gonfia e soffice, finalmente poteva essere utilizzata.

 

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“U Panitteri” Uno dei mestieri piú antichi del mondo, il panettiere. Le sue origini risalgono addirittura alla Babilonia del 3000 a.c, quando viene brevettata per la prima volta la bollitura dei cereali fermentati.

 

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“U falegnami” Sembra che quella del falegname sia una delle professioni più antiche dell’ uomo, proprio perché il legno è un materiale che abbiamo sempre avuto a disposizione e ben presto abbiamo imparato ad usarlo e conoscere. Lavorare il legno per i nostri antenati significava sopravvivere: dal legno sono state costruite armi, ripari sicuri, e poi ruote e ponti. Forse non ci abbiamo mai pensato ma il debito che nutriamo nei confronti dei primi falegnami della storia è impagabile.

 

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“U barbieri” Un altro antico mestiere era il barbiere. Avevano la “Sala da Barba” quasi tutti nelle piazze del centro storico o nelle immediate vicinanze. Il mestiere del barbiere era un lavoro di tutto rispetto, e svolgeva diverse attività. Diversi barbieri curavano anche le onoranze funebri, fungevano da postini per inviti e partecipazioni nuziali, curavano biglietterie e documentazioni aeree e navali per l’America, costituivano orchestrine per matrimoni e feste danzanti, anche perché molti barbieri erano musicisti. Un’altra attività del barbiere era quella di esercitare prestazioni mediche e infermieristiche, come il salasso, pratica di pertinenza medica mediante sanguisughe, oppure si improvvisavamo dentisti nell’estrarre qualche dente.

 

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“A putìa di li spezi” Lo speziale nel medioevo era colui che si occupava della preparazione delle medicine, solitamente aveva una bottega, definita spezieria, all’interno della quale effettuava anche attività di vendita delle spezie e delle erbe medicinali . In Sicilia furono i Bizantini a introdurre delle importanti novità nella cucina siciliana: l’uso delle spezie, come la cannella e i chiodi di garofano.

 

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”A Biettula” Le Biettule, ovvero le antiche osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ben presto divennero anche luoghi d’incontro e di ritrovo, di relazioni sociali. Nella biettula si beve buon vino, si conversa, si gioca a carte e si fa musica.

 

Tutte le foto del presepe vivente di Troina

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Silvana Trovato Picardi

 

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