Ruggero II, il grande re
Ruggero II: l’individuo giusto al posto giusto nella Sicilia del XII secolo. Sicuramente un figlio di cui il genitore sarebbe stato orgoglioso. Valoroso come il fratellastro Giordano ma dotato di più acume politico e organizzativo, più colto, più raffinato. Fu Gran Conte di Sicilia dal 1105, Duca di Puglia dal 1127 e primo Re di Sicilia dal 1130 al 1154, divenendo il fondatore del Regnum Siciliæ indipendente. Dopo l’istituzione del regno, in virtù delle conquiste sulla costa africana, acquisì anche il titolo di re d’Africa.
Gli sono tributati l’accorpamento sotto un unico regno di tutte le conquiste normanne dell’Italia meridionale, della Sicilia e di Malta, l’organizzazione di un governo efficiente, personalizzato e centralizzato, nonché la fondazione del Parlamento siciliano, uno dei più antichi del mondo. Sotto il suo regno la capitale Palermo viene arricchita di opere architettoniche e ingegneristiche di straordinario pregio e raffinatezza, oggi riconosciute patrimonio dell’umanità.
Scrive Fara Misuraca “Ruggero II d’Altavilla” in www.stupormundi.it:
“Ruggero crebbe nell’ambiente cosmopolita della corte di Palermo, come sarebbe avvenuto anche al futuro Federico II, educato da precettori greci e musulmani. Imparò a parlare correntemente il greco, l’arabo e il latino, cosa che gli consentì, da adulto di trattare in prima persona con i principi stranieri. Uscito dalla minore età nel 1112, Ruggero assunse le redini del governo e ben presto si dimostrò uomo di eccezionale talento sia nell’amministrazione interna sia nel programma espansionistico.
Avviò un’energica politica di consolidamento della contea continuando l’unificazione dello stato avviata dal padre tendente a dare a tutti i sudditi del regno, qualunque fosse la loro origine etnica, un’eguaglianza di fronte alle leggi e di fronte allo Stato e contemporaneamente una politica di espansione nel Mezzogiorno della penisola, col disegno di unificare i domini normanni d’Italia”.
Ruggero II dimostra ben presto una spiccata “attitudine al comando”, come scrive Pasquale Hamel, o, per ricorrere ad una espressione più moderna “capacità di leadership”.
Nel 1121 iniziarono le ostilità fra Ruggero II e il cugino Guglielmo, nipote di Roberto il Guiscardo e nuovo duca di Calabria. Lo scontro venne risolto solo con l’intervento di papa Callisto II, che riuscì a pacificare i rivali facendoli giungere ad un accordo, secondo cui l’ancora conte di Sicilia procurava al cugino uno squadrone di cavalieri con i quali reprimere la rivolta di Giordano conte di Ariano. In cambio Guglielmo abbandonava i propri possedimenti in Sicilia e Calabria. Ruggero II, già principe di Salerno, si recò a Reggio e venne riconosciuto duca di Calabria e di Puglia, conte di Sicilia con dominio su Amalfi e Gaeta, su parte di Napoli, su Taranto, Capua e Abruzzi.
Quando nel luglio del 1127 Guglielmo, duca di Puglia, morì senza figli, Ruggero reclamò tutti i possedimenti degli Altavilla e la Signoria di Capua. Sbarcò nel continente e conquistò senza difficoltà Amalfi e Salerno, dove venne incoronato. L’unione di Sicilia e Puglia era osteggiata da papa Onorio II e dai Signori locali stessi.
“Questa signoria grande e potente che si andava formando nell’Italia meridionale – continua la Misuraca – non poteva, naturalmente, esser vista di buon occhio da papa Onorio II. Pertanto il pontefice scomunicò Ruggero e tutti coloro che lo avessero aiutato nella conquista della Puglia.
Ruggero dapprima tentò di ingraziarsi Onorio inviandogli ambasciatori con ricchissimi doni e dichiarandosi pronto a considerarsi vassallo della Santa Sede, ma il pontefice rinnovò la scomunica e guadagnò alla sua causa Roberto principe di Capua e Rainulfo d’Alife.
Ruggero allora, radunate le sue efficienti milizie, marciò verso la Puglia ma Taranto, Otranto, Brindisi, Castro ed altre città si arresero senza opporre resistenza, riconoscendolo loro duca.
Nulla potendo la scomunica, il pontefice tentò la via delle armi e venne ad affrontarlo sul Bradano, nella pianura di Vado Petroso.
Ma Ruggero non lo affrontò direttamente, temporeggiò, quasi come in un assedio, per stancarne l’esercito mercenario che, in effetti, dopo qualche tempo si disperse prima ancora di iniziare una sola battaglia; il pontefice fu costretto a rifugiarsi a Benevento e a venire a patti: assolse Ruggero dalla scomunica e lo riconobbe duca di Puglia (agosto del 1128). Ma i baroni pugliesi non erano d’accordo e, tornato Ruggero in Sicilia, insorsero; ma questi, riattraversato lo stretto, ben presto li soggiogò, e ormai padrone del ducato, convocò una Dieta a Melfi, “in cui sancì che nessun barone, qual ne fosse la ragione, movesse guerra all’altro, o si attentasse di proteggere ladri e malfattori di ogni maniera; che anzi qualora ne vivessero nei loro stati, dovevano consegnarli ai magistrati incaricati; che nessuno osasse appropriarsi dei beni degli arcivescovi, di vescovi e di qualunque chierico o monastero, o di molestare o far molestare gli operai, gli agricoltori, i pellegrini, i mercanti e qualsiasi altra persona”.
Per mantenere la pubblica tranquillità e la sicurezza, Ruggero quindi rafforzò la sua autorità esigendo l’obbedienza dei più potenti vassalli senza far loro alcuna concessione”.
A Capua, nel dicembre 1127, si formò una spedizione contro Ruggero, con Roberto II di Capua e Rainulfo di Alife (cognato di Ruggero) contro di lui. Tuttavia questa coalizione fallì e nell’agosto 1128 il Papa fu costretto dalla superiorità militare a nominare nella città di Benevento Ruggero II duca di Puglia, Calabria e Sicilia.
Nel 1129 Ruggero fu pubblicamente riconosciuto duca da Napoli, Bari, Capua e altre città. Cominciò allora ad imporre l’ordine nei possessi Altavilla della penisola, dove il potere del duca era andato indebolendosi.
Per legare insieme tutti questi stati, il titolo reale sembrava essenziale e la morte di papa Onorio II nel febbraio 1130, seguita da una duplice elezione di un Papa e un Antipapa, avvenne nel momento opportuno. Nella confusione che ne seguì, il papa Innocenzo II, pur riconosciuto dalla maggior parte della cristianità, fu costretto a rifugiarsi in Francia; rimase a Roma invece l’antipapa Anacleto II, che tuttavia aveva bisogno di maggiori consensi. Ruggero puntava dritto alla corona reale per realizzare il progetto di restaurare un antico Regno di Sicilia.
“Pochi sovrani in Europa avrebbero potuto competere con lui. Nessun monarca occidentale lo superava in ricchezze e Palermo, antica capitale degli emiri, ricca di magnifici palazzi, fiorentissima per le arti e per i commerci, fu la degna sede di un tal principe, che aveva adottato la pompa e i costumi arabi.
Il suo palazzo era adorno di preziosissimi arredi, popolato di eunuchi e fanciulle e difeso da un fortissimo corpo di soldati saraceni. Il fasto di Palermo era pari a quello delle più sontuose corti orientali e al fasto corrispondeva la potenza, perché in quel tempo Ruggero, i cui stati si estendevano quasi fino a Roma e avevano i porti frequentati dai crociati di passaggio, pesava molto nella politica europea.
E mentre l’autorità degli altri principi era limitata dalla potenza dei loro vassalli, quella di Ruggero andava ben oltre: quando, dove e come avesse voluto, egli era in grado di radunare un formidabile esercito, che le fedelissime milizie musulmane rendevano ancor più forte e temuto”.
Data la potenza cui era pervenuto, Ruggero vide la necessità di costituire lo Stato in un’unità che desse al sovrano maggiore autorità: nel 1129, convocato a Salerno un Parlamento al quale parteciparono non solo gli ecclesiastici e i baroni, ma anche i cittadini più importanti, propose, vista l’estensione e la ricchezza dello Stato, di mutarlo in Regno.
Ottenuto il voto del Parlamento, Ruggero fece ritorno in Sicilia, dove il voto di Salerno fu confermato da un’altra assemblea siciliana.
Ruggero inoltre seppe trarre profitto delle discordie nate in seno al papato in seguito alla morte di Onorio e culminate in uno scisma (contemporaneamente erano stati eletti Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II): con un piccolo capolavoro politico, appoggiando Anacleto, riuscì a dare “giustificazione” divina alla corona di Sicilia, diritto immortalato in un mosaico nella chiesa della Martorana a Palermo, dove Ruggero, in abiti orientali, riceve la corona dalle mani di Cristo”.
L’incoronazione. Anni di conflitti per consolidare il regno
“Il 27 settembre 1130 ottenne l’investitura e partì per Palermo (Prima Sedes, Corona Regis et Regni Caput) dove si fece acclamare re da un’assemblea popolare il 25 dicembre 1130. Fu tale la pompa che, ad un cronista del tempo, parve che tutte le ricchezze e le magnificenze del mondo si fossero riunite a Palermo. Le sale della reggia erano ricoperte di preziose tappezzerie, i pavimenti di tappeti di squisita fattura. Il nuovo re uscì preceduto da tutti i baroni e cavalieri del regno che incedevano a coppie, montati su superbi cavalli dai finimenti d’oro e d’argento; seguivano il monarca i più autorevoli personaggi, anch’essi riccamente vestiti e su cavalli magnificamente bardati. Giunto al duomo, Ruggero fu consacrato dagli arcivescovi di Benevento, di Capua, di Salerno e di Palermo e ricevette la corona dalle mani del principe di Capua.
Alla cerimonia seguirono sontuosi banchetti in cui non fu usato altro vasellame che d’oro e d’argento; gli scalchi, i paggi, i donzelli e perfino i valletti che servivano le mense erano vestiti di tuniche di seta”. (Fara Misuraca “Ruggero II d’Altavilla” in www.stupormundi.it)
La convocazione delle Curiae generales rappresenta la prima assise legislativa del Parlamento del Regno di Sicilia ed è così che si può parlare di primo parlamento in senso moderno. Ruggero fu incoronato Rex Siciliae, ducatus Apuliae et principatus Capuae (re di Sicilia) probabilmente dall’arcivescovo Pietro. Tutto ciò spinse Ruggero in una guerra di dieci anni. Bernardo di Chiaravalle, campione di Innocenzo II, mise in piedi una grande coalizione contro il pontefice rivale Anacleto II ed il suo “Re mezzo pagano”. Ad essa si aggiunsero Luigi VI di Francia, Enrico I di Inghilterra e l’Imperatore Lotario II del Sacro Romano Impero.
Nel frattempo il Meridione d’Italia insorse. Alcuni nobili feudatari normanni, che già da tempo mordevano il freno, non accettarono il nuovo sovrano: nel 1132, il cognato Rainulfo radunava grandi forze con il suo alleato Roberto II di Capua. La città di Benevento, nonostante fosse usualmente fedele a Ruggero, si consegnò nelle mani dei ribelli che si erano ammassati alle sue porte. Gli eserciti si scontrarono nella Battaglia di Nocera che, dapprima favorevole alle truppe regie, terminò in una disastrosa sconfitta per Ruggero (24 luglio 1132).
La situazione poteva mettersi molto male per Ruggero, già sconfitto e per giunta politicamente inviso a tutti. A complicare le cose per lui, l’imperatore Lotario II era sceso a Roma per farsi incoronare imperatore dal papa Innocenzo II (4 giugno 1133) e se non avesse considerata chiusa la partita, facendo repentinamente ritorno in Germania, avrebbe potuto assestare a Ruggero un colpo definitivo. Il vantaggio per Ruggero fu tale che poté riorganizzarsi. Approfittando del fatto che Rainulfo e Roberto si erano recati a Roma per prestare giuramento a Lotario II, Ruggero tornò alla riscossa – come abbiamo anticipato – prendendo con sé (qualche autore scrive: catturando) la moglie di Rainulfo (sua sorella Matilda) e il figlioletto. Rainulfo e Roberto dovettero rientrare precipitosamente e Ruggero li costrinse alla resa (giugno-luglio 1134). Le truppe regie costrinsero Rainulfo, Sergio VII duca di Napoli e gli altri ribelli a sottomettersi, mentre Roberto fu espulso da Capua.
Nel luglio 1135 una nuova rivolta capeggiata da Rainulfo provocò la reazione del re, che entrò in Aversa, Capua e Alife con un esercito guidato dal cancelliere Guarino, costringendo Rainulfo a trovare rifugio a Napoli, unica città a resistere.
Contemporaneamente il previsto attacco di Lotario a Ruggero aveva guadagnato l’appoggio di Pisa, Genova e dell’Imperatore d’Oriente Giovanni II Comneno, ciascuno dei quali temeva la crescente potenza del regno normanno. Ormai i conflitti sono entrati in una dimensione che non è più locale e neppure nazionale ma continentale.
Nel febbraio 1137 Lotario cominciò a spostarsi verso il Sud e fu raggiunto da Rainulfo e dai ribelli. A giugno assalì e prese Bari. Il papa Innocenzo II e l’imperatore Lotario concentrarono nel mese di maggio del 1137 le proprie armate accanto al castello di Lagopesole e assediarono la città di Melfi, costringendo Ruggero II alla fuga. Il Pontefice tenne il Concilio di Melfi nel castello del Vulture nei giorni di fine giugno e inizio luglio del 1137. I Padri conciliari decisero la deposizione dell’antipapa Anacleto II. Il 4 luglio Innocenzo II, insieme all’Imperatore Lotario II, delegittimò Ruggero II, in favore del cognato Rainulfo di Alife, nuovo duca di Puglia. L’Imperatore rientrò in Germania. Ruggero, liberato dal pericolo incombente, riprese terreno, saccheggiò Capua e costrinse Sergio VII ad accettarlo come Signore di Napoli. A Rignano Garganico Rainulfo di nuovo sconfisse il re Ruggero, ma nell’aprile 1139 morì e Ruggero sottomise gli ultimi ribelli.
A questo punto Ruggero volle avere la conferma del titolo di re da Innocenzo II (Anacleto era morto nel gennaio 1138). Invece il papa, ancora restio a tale riconoscimento, dopo aver scomunicato Ruggero (8 luglio), invase il Regno con un grande esercito, ma cadde in un’astuta imboscata a Galluccio, non lontano da Caserta (22 luglio 1139).
Dopo la vittoria del re, il papa dovette rassegnarsi a investirlo del titolo di Re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua (Rex Siciliae ducatus Apuliae et principatus Capuae). I confini del Regno furono alla fine fissati da una tregua con il nuovo papa Lucio II nell’ottobre 1144.
Ruggero II era così divenuto uno dei più potenti sovrani d’Europa. Nell’estate del 1140 convocò le Assise di Ariano, nel corso delle quali fu verosimilmente promulgato il corpus giuridico che formava la nuova costituzione del Regno di Sicilia. A lui si deve anche l’istituzione del Catalogus baronum, l’elenco di tutti i feudatari del regno, stilato per stabilire un più attento controllo del territorio, dei rapporti vassallatici e quindi delle potenzialità del proprio esercito. In occasione delle Assise provvide inoltre a riformare la moneta del Regno di Sicilia, introducendo il ducale d’argento che per la prima volta fu coniato a Napoli, con grandi perplessità da parte della popolazione.
“Pur essendo gli obiettivi principali imposti dai pontefici lo sradicamento dell’islamismo e la lotta contro l’influenza del Cristianesimo greco-bizantino, – nota Fara Misuraca – Ruggero II si guardò bene dall’interessarsi di crociate, problema che coinvolgeva il resto dell’Europa, e fu molto tollerante riguardo alle profonde differenze etniche e religiose esistenti tra i suoi sudditi, anzi incoraggiandone le attività artistiche e culturali.
Alla corte di Ruggero perdurò la cultura araba; egli accolse molti dotti, preferendo alla compagnia e alla conversazione dei monaci cristiani quella dei dotti arabi. Tra questi, ricordiamo il geografo al-Idrisi che per incarico del sovrano scrisse “Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo” più nota come Kitab-Rugiar, ossia Il libro di Ruggero, che costituisce una delle più importanti opere di geografia di tutto il medioevo. Al libro si accompagnava un grande planisfero d’argento, purtroppo andato distrutto (o, meglio, predato e fuso)”.
A Palermo, Ruggero – che esibiva per i suoi sudditi musulmani il laqab arabo al-muʿtazz bi-llāh («il reso potente da Dio») – attrasse intorno a sé i migliori uomini di ogni etnia. Oltre al geografo arabo maghrebino al-Idrisi, lo storico Nilus Doxopatrius, il poeta ʿAbd al-Raḥmān al-Itrābānishī che occupava anche posto di segretario e altri eruditi ancora. Il re mantenne nel regno una completa tolleranza per tutte le fedi, razze e lingue. Fu servito da uomini di ogni nazionalità, come l’anglo-normanno Thomas Brun nella Curia, il greco Cristodulo nella flotta e il bizantino Giorgio di Antiochia, che nel 1132 fu fatto amiratus amiratorum (comandante in capo). Uno dei suoi funzionari di rango più elevato, Eugenio da Palermo, era nipote dell’omonimo nonno di origine greco-bizantina Eugenio da Troina, protonotarius di Ruggero I.
Ruggero rese la Sicilia la potenza dominante del Mediterraneo. Grazie ad una potente flotta, costituita sotto diversi ammiragli, effettuò una serie di conquiste sulla costa africana (1135 – 1153), che andavano da Tripoli a Capo Bon (Tunisia) e Bona (Algeria). Ruggero II creò in quei due decenni un “Regno normanno d’Africa” che divenne un “protettorato” siciliano, sostenuto in parte dalla residua piccola comunità cristiana nel Nord Africa.
La Seconda crociata (1147-48) offrì a Ruggero l’opportunità di riprendere i progetti di attacco dello zio Roberto il Guiscardo all’Impero Romano d’Oriente. L’attacco all’Impero non ebbe risultati durevoli ma Ruggero conservò l’isola di Corfù.
I Normanni riuscirono a mantenere le conquiste africane di Ruggero II fino al 1160.
Ruggero sposò prima del 1118 Elvira di Castiglia (circa 1100 – 1135) dalla quale nacquero sei figli: Ruggero (1118 – 1148) duca di Puglia, che da una relazione con Bianca di Lecce ebbe Tancredi, pretendente al regno di Sicilia; Tancredi, (ca. 1120 – 1138) principe di Bari; Alfonso (ca. 1120 – 1144) principe di Capua e duca di Napoli; Guglielmo, (ca. 1120 o 1121 – 1166) duca di Puglia e poi Re di Sicilia (1154-1166) detto Guglielmo il Malo; Adelasia (ca. 1126 – dopo il 1184), contessa di Firenze di diritto, che sposò Jozzelino, conte di Loreto e, in seconde nozze, Roberto, conte di Loritello e Conversano; Enrico (ca. 1130 – prima del 1145) principe di Taranto.
Un matrimonio prolifico quello tra Ruggero II ed Elvira di Castiglia. Caratterizzato, come quello tra il padre Ruggero I e Giuditta, da una inconsueta componente affettiva.
Morta Elvira, solo nel 1149, cioè dopo ben quattordici anni di vedovanza (con la preoccupazione della successione dinastica dopo la morte prematura dei suoi primi tre giovani figli maschi), si unì in matrimonio con Sibilla di Borgogna (1126 – 1150) che partorì: Enrico (29 agosto 1149 – morto bambino); un altro maschietto (16 settembre 1150) nato morto, anticipando di poco la stessa Sibilla che ebbe complicazioni post parto.
Nel 1151 si affrettò a sposare Beatrice di Rethel (1135 – 1185) dalla quale nacque (postuma, due mesi dopo la morte di Ruggero II) la sola Costanza (1154 – 1198). Costanza sarà imperatrice e regina di Sicilia, sposa di Enrico VI di Germania (1165-1197) e madre di Federico II di Svevia.
Pettegolezzi
Sia Ruggero che la madre Adelasia sono figure di primo piano della storia medievale. Per riconoscimento unanime. Ma, come nei nostri giorni, c’è chi non si lascia sfuggire pruriginosi pettegolezzi che sempre alimentano le biografie di principi e sovrani.
“La figura di Ruggero II – argomenta Pasquale Hamel – è certamente fra le più affascinanti della storia del Medioevo; un personaggio, si direbbe, che riempie la storia del suo tempo ma che, proprio per la grande personalità e intelligenza di cui è dotato, anticipa in molti casi gli stessi tempi. Un grande sovrano la cui memoria è stata in parte oscurata da un ingiusto trasferimento della memoria delle sue qualità intellettuali e di governo al più famoso nipote, l’imperatore del Sacro romano impero germanico Federico II di Hohenstaufen.
Dell’infanzia di Ruggero abbiamo poche notizie, i cronisti come il monaco Alessandro di Telese o il più noto Ugo Falcando ci danno scarne informazioni e tutte tese a rappresentare l’eccezionalità del fanciullo che sarebbe divenuto il primo re di Sicilia. Qualche particolare in più lo si può ricavare ricorrendo al solito Orderico Vitale il quale, con voluta malizia, quasi insinuasse la dubbia paternità dell’Altavilla, ci informa che si trattava di un giovane robusto, di bella presenza, scuro di capelli e di carnagione ambrata e proprio queste ultime caratteristiche fisiche non erano proprie dei normanni che andavano famosi per i loro capelli biondi e per l’incarnato chiaro.
Che forse Ruggero fosse il frutto di un amore clandestino della giovane Adelasia sposa del vecchio Gran Conte Ruggero I?
Non ci sono conferme di quanto scrive Orderico nelle pagine degli altri cronisti e questo non è senza significato visto che gli stessi, pur esaltando le virtù del condottiero, non si sarebbero lasciati sfuggire particolari così curiosi”. (Pasquale Hamel “L’invenzione del regno. Dalla conquista normanna alla fondazione del Regnum Siciliae (1061-1154). Nuova Ipsa Editore. Palermo, 2009).
Orderico Vitale – maestro di gossip, una specie di “Dagospia” del suo tempo – fa altre e ancora più esplicite insinuazioni a proposito dei rapporti tra Adelasia del Vasto e Roberto di Borgogna, sui quali abbiamo introdotto anticipazioni nelle pagine precedenti. Ancora Hamel: “Il futuro re ricevette pure una educazione nelle armi. Un principe medievale doveva sapere maneggiare la spada e tirare con l’arco. La robustezza permetteva al giovane Ruggero di primeggiare negli esercizi fisici. A proposito della pratica militare, ancora Orderico Vitale ci informa che si dedicò ad istruirlo il solito fantomatico Roberto di Borgogna che pare avesse sposato una sorellastra dello stesso Ruggero, frutto del matrimonio di Ruggero I con la seconda moglie Eremburga”.
Ma chi è il neppure tanto “fantomatico” Roberto di Borgogna? Ne conosciamo l’anno di nascita (1040) e di morte (1113). Come ci conferma l’informatissimo monaco e cronista inglese Orderico Vitale, dopo la morte del fratello Enrico, Roberto divenne erede del ducato, ma il nipote Ugo lo sconfisse e lo allontanò dal ducato. Andato in Sicilia, sposò Sibillla, figlia del Gran Conte di Sicilia Ruggero I e di Eremburga di Mortain. Divenne co-reggente della Sicilia, per conto dell’erede, ancora minorenne, anche lui di nome Ruggero, assieme alla madre Adelaide del Vasto, detta anche Adelasia, nipote di Bonifacio della famiglia degli Aleramici. Dopo aver difeso la Sicilia da ogni attacco per circa dieci anni (for ten years he defended the principality vigourously against all attacks), dopo che Ruggero II era divenuto maggiorenne, Roberto fu avvelenato dalla suocera (la matrigna della moglie).
Dunque tra coloro che aiutarono Adelasia a non soccombere assieme ai suoi due figli piccoli nei complicati anni della reggenza, come scrive Hamel, “un ruolo, ancora, a leggere l’opera di Orderico Vitale, l’ebbe tale Roberto di Borgogna, un personaggio che viene da questo scrittore descritto come lucido uomo di governo e sospettato amante della stessa Adelaide al punto che, in un determinato momento, la gran contessa è costretta ad avvelenarlo per impedire che i pettegolezzi potessero travolgerla”. Il professore Salvatore Tramontana, nel saggio “L’effimero nella Sicilia normanna”, edito da Sellerio nel 1988, a proposito dei rapporti tra Alelasia e Roberto si sofferma su di un dettaglio non da poco: “Ad un nuovo matrimonio non si era affrettata Adelasia che, rimasta vedova di Ruggero I, teneva, se dobbiamo credere a Orderico Vitale, rapporti “strettamente confidenziali, più che pubblici” [con Roberto di Borgogna]”.
Naturalmente non disponendo di esame del dna mai sapremo se il velato pettegolezzo sulla paternità di Ruggero II sia fondato o infondato. Così come non sapremo mai se corrisponda al vero che Adelasia sia andata a letto con il marito della figliastra e, meno che meno – non disponendo di esami autoptici come nel nostro tempo – accerteremo se Roberto di Borgogna sia stato avvelenato e chi, o su ordine di chi, si sia assunto o assunta l’incombenza dell’avvelenamento. Un contributo a questa vicenda però vorremmo fornirlo. Se le date di nascita e morte di Roberto sono attendibili, e più di un dubbio al riguardo lo nutriamo, non sembra un po’ troppo attempato per Adelasia un amante che va per i sessanta-settanta e passa anni? E a ben 73 anni, età incredibilmente avanzata in quell’epoca, non si può morire normalmente di vecchiaia e consunzione piuttosto che di veleno?
Ma c’è un altro aspetto, assai meno drammatico, che queste intricate vicende introducono nel filo conduttore della nostra ricostruzione che ha come filo conduttore le mogli e i figli del Gran Conte: chi è la figlia di Ruggero ed Eremburga andata in sposa a Roberto di Borgogna? Esiste una settima figlia di nome Sibilla partorita da Eremburga oltre a Malgerio, Matilda, Muriella, Costanza, Felicia-Busilla e Giuditta? Hamel in un altro capitolo scrive che Ruggero da Eremburga ha avuto “ben otto figli, di cui uno solo, Malgerio, maschio. Di queste figlie avute da Eremburga tre fecero matrimoni illustri. Costanza infatti sposò Corrado re d’Italia, Busilla convolò a nozze con Colomanno, re d’Ungheria, e Violante si unì a Roberto di Borgogna. Matrimoni che lasciano chiaramente intravedere la potenza raggiunta dal Granconte sullo scacchiere occidentale”. Un banale errore nel quale, come spesso ci succede, l’autore incorre o qualcosa di meno accidentale? Insomma, questa ennesima figlia di Ruggero ed Eremburga oltre alle acclarate cinque più il maschio Malgerio delle ricostruzioni anagrafiche ufficiali si chiama Violante o Sibilla? O l’unica certezza sulla nobildonna è che si sarebbe anche dovuta …sopportare le corna del marito con la matrigna Adelasia? Come Busilla che ha due nomi (Felicia e Busilla) Violante e Sibilla potrebbero essere i due nomi d’una stessa persona?
I conti sono presto fatti. Se Sibilla Violante è esistita ed è una unica persona i figli partoriti dalle tre mogli di Ruggero raggiungono il numero di quindici. Nel caso in cui Sibilla e Violante siano due donne diverse raggiungerebbero il numero di sedici. Con una schiacciante preminenza di femmine – tredici – rispetto ad appena tre maschi.
Altri figli illegittimi
Dobbiamo adesso fare un passo indietro per tornare al …gruppetto dei figli illegittimi di Ruggero. Noi propendiamo a ritenerli nati prima che il conte si sia accasato con Giuditta. Su Giordano ci siamo soffermati. Che l’amato Giordano – appunto in quanto primo figlio maschio – sia “sangue del mio sangue”, come si dice in casi del genere, di Ruggero è ampiamente documentato. Abbiamo avuto modo di leggerlo e verificarlo. Per gli altri due figli naturali, Guglielmo e Goffredo, qualche storico aggiunge per cautela l’avverbio “forse” figli di Ruggero. L’avverbio potrebbe starci, chissà, per Guglielmo ma appare superfluo per Goffredo I d’Altavilla, Conte di Ragusa. Anche lui è sicuramente figlio, ancorchè illegittimo, del Gran Conte. Se ne ignora l’anno di nascita mentre l’anno di morte sarebbe il 1120.
Goffredo fu escluso da ogni rivendicazione ereditaria forse perché figlio illegittimo oppure – anche a considerare la remota ipotesi che fosse nato dal matrimonio con Eremburga – perché affetto da “malattia disonorante”. Secondo Malaterra, infatti, Goffredo era malato di morbus elephantinus, per cui non poteva succedere al trono e rinunciò volontariamente o piuttosto dovette rinunciare a causa del grave male che lo aveva colpito. Finì i suoi giorni ricoverato in un lebbrosario.
Il padre gli concesse la città di Ragusa come contea probabilmente nel 1091, quando il gran Conte nel luglio di quell’anno attraversò il ragusano e si imbarcò per andare a conquistare Malta.
Goffredo fu tra i più intimi familiari del padre. In vari documenti emanati sin dai tempi dello sbarco a Messina lo si vede sempre fra i firmatari. Interessante è la frase di un documento del 1094 nel quale Ruggero lo chiama oltre che filio anche haerede meo. Dopo la morte del primogenito illegittimo Giordano, Ruggero pare abbia deciso di nominarlo erede al trono. Non aveva alternative, non poteva contare in quel momento su altri discendenti maschi. Con la nascita di Simone questa ipotesi, azzardata e di ripiego, durata un breve spazio temporale, viene subito accantonata.
Goffredo a Ragusa si preoccupò di ripristinare immediatamente il culto cristiano. Innalzò la chiesa di San Giorgio, santo protettore della stirpe normanna, e l’adornò in maniera superba. Purtroppo di tale chiesa non rimangono che resti, chiamato portale di San Giorgio, a causa del terremoto del 1693.
Ricevette speciali privilegi nella gestione del feudo. Godeva infatti della competenza feudale e ne percepiva le rendite oltre soprattutto al fatto di poter amministrare la giustizia sia civile che criminale, un privilegio concesso solo a pochi vassalli. Secondo le testimonianze dell’epoca, Goffredo dimorava nell’antico Castello di Ragusa Ibla che assomigliava ad una vera reggia. Tanta era la magnificenza quasi regale che vi si sfoggiava, anche per gli uffici che avevano competenze simili a quelli della corte reale. Goffredo amministrò la contea in maniera saggia, suddividendo le terre e dandole in enfiteusi. Secondo la tradizione, vi fece trasferire una colonia di cosentini, che si insediarono alle pendici dell’altopiano, fuori le mura cittadine.
Malgrado la lebbra, finchè il male non infierì con la sua azione sempre più devastatrice sul fisico, Goffredo cercò di condurre una vita quanto più normale dal punto di vista familiare. Ebbe in moglie Regalia o Rogasia, della quale si ignora il casato, anche se molti storici sostengono la provenienza longobarda. Da lei ebbe quattro figli: Bartolomeo, secondo Conte di Ragusa, morto senza prole; Silvestro, terzo Conte di Ragusa e primo Conte di Marsico; Goffredo-Roberto; Airolda.
Chiudiamo la rassegna dei figli del Conte Ruggero con Guglielmo. Di cui, a parte una citazione, non siamo riusciti a reperire nessuna notizia o fonte se non le due righe seguenti: “Non è certo se il suo secondo figlio maschio Guglielmo sia nato anch’egli fuori dal matrimonio oppure dalla sua prima o seconda moglie”. Dunque Guglielmo precede Goffredo. Ed è sicuramente figlio illegittimo. Altrochè se ne avremmo sentito parlare se fosse nato da Giuditta o da Eremburga dai cronisti del tempo, a cominciare da Malaterra, con la fame di eredi maschi legittimi che caratterizza la contea di Ruggero. Non è il caso di Guglielmo che, a nostro avviso, tanto più che viene definito “secondo figlio maschio” del Gran Conte, non può che appartenere al novero dei figli illegittimi. Non sappiamo dunque nulla sulla sua esistenza. Anzi, come scrive Elio Spinnato in una nota della traduzione in italiano dell’opera di Goffredo Malaterra dalla quale abbiamo abbondantemente attinto: “In realtà Ruggero ebbe un altro figlio di nome Goffredo, oltre quello morto per lebbra, la cui esistenza è attestata da diversi documenti, ma ignorata dai cronisti. Questo silenzio ha fatto pensare al Garufi, in Adelaide e Goffredo, figliuolo del Gran Conte Ruggero in “Rendiconti dell’Accademia di Acireale”, VI, serie III, p.159, che questo secondo Goffredo “sarebbe stato vittima di un basso intrigo di corte”, ordito da Adelaide, (terza moglie del Gran Conte, n.d.a.) per garantire la successione dei suoi figlioli e la reggenza di lei nella minorità degli eredi”. Invece per Pontieri (storico che scrive nel secolo scorso, n.d.a.) “fu il suo difetto di origine [illegittimità] che gli vietò di pretendere o di essere designato alla successione paterna”. A questo punto i figli illegittimi di cui si ha un minimo di notizia non sono più tre ma quattro: Giordano, Guglielmo, Goffredo il lebbroso e il secondo Goffredo. E, conclusivamente, se esistono tra le figlie legittime le “due” misteriose Sibilla e Violante il totale si attesterebbe a venti figli. Diciannove se Sibilla-Violante invece è solo il doppio nome di una figlia di Ruggero I: quindici legittimi e quattro illegittimi.
Conclusioni
Al contrario su re Ruggero abbiamo toccato con mano quanto molto si sappia. Se Ruggero II nasce a Mileto il 22 dicembre del 1095 e l’anziano padre Ruggero I muore settantenne nel 1101 il figlio fa in tempo a conoscerlo e, da bambino, ad averne memoria visiva e ricordo. Invece Ruggero II non conoscerà mai il nipote – figlio della figlia Costanza – Federico II: il nonno muore a Palermo il 26 febbraio 1154, il nipote nasce a Jesi nelle Marche ben quaranta anni dopo, il 26 dicembre 1194.
Il Gran Conte Ruggero I, sempre per linea materna, è dunque bisnonno di Federico II di Svevia. Quando si parla di Federico II si parla di un gigante del Medioevo: re di Sicilia, duca di Svevia, re dei Romani e poi imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme, “Stupor Mundi”, personaggio di primario rilievo storico.
Comunque anche Ruggero II per capacità, brillantezza d’ingegno, lungimiranza politica, cultura meriterebbe il titolo con il quale i contemporanei definivano suo nipote Federico II. Gli storici convengono nel definire il Regno normanno di Sicilia e dell’Italia Meridionale di Ruggero II lo Stato più moderno d’Europa del tempo. Triste parabola discendente: mille anni dopo la Sicilia, più o meno al pari delle altre Regioni dell’Italia meridionale che componevano quel regno, è una delle Regioni più in basso in tutte le classifiche economiche, infrastrutturali, sociali tra le poco meno di 240 Regioni dell’Unione Europea. Che regressione.
Postilla
Concludiamo questo lavoro con una “postilla” a carattere locale. Il volume di Vincenzo Squillaci “Chiese e conventi. Memorie storiche e folkloristiche della città di Troina”, stampato nel 1972 dalla Tipografia Merlino di Catania, è stato un manuale sul quale ci siamo formati decine di cultori delle vicende storiche troinesi. Squillaci sostiene che il manoscritto dell’opera di Goffredo Malaterra “De Rebus Gestis Rogerii” “fu rinvenuto verso la metà del XVI secolo nell’archivio del monastero basiliano di San Michele (Vecchio, n.d.a.) da fr. Fabio de Montaperto e da esso pubblicato”. Sostiene inoltre che il Conte Ruggero fece del castello di Troina la sua sede e base di espansione per la conquista della Sicilia per circa un trentennio. “Qui stabilì la dimora della sua famiglia e custodì il suo tesoro. In Troina furono celebrate le seconde nozze con Matilde di Provenza, nacque il figlio Simone, fu sepolto il primogenito Giordano morto a Siracusa, e forse fu sepolta la prima moglie Giuditta”.
Su quanto affermato da Squillaci i riscontri per noi certi sono i seguenti: A) Troina può considerarsi effettivamente la principale sede e base d’espansione per la conquista della Sicilia per circa un trentennio da parte del Conte Ruggero, spesso con l’aiuto diretto del fratello Roberto il Guiscardo. Ma non dobbiamo mai trascurare che la capitale dei domini del Gran Conte è la cittadina calabrese di Mileto, attualmente un comune di circa 6.000 abitanti in provincia di Vibo Valentia (non si tratta dell’antica Mileto di Ruggero ma di un nuovo centro, a due chilometri dal luogo su cui sorgeva la capitale della contea normanna, insediamento edificato dopo un devastante terremoto del 1783). Come rimarca Guglielmo de’ Giovanni-Centelles nel suo saggio in precedenza citato, “Troina è la capitale militare della Sicilia normanna, mentre Mileto, arroccata all’interno della Calabria e, in parte, Messina, distesa lungo lo Stretto, svolgono più ampi ruoli di governo. Ruggero, fedele al modello itinerante della cavalleria normanna, risiede in tutte e tre con la famiglia, mostrando speciale propensione per Mileto”. B) Si può confermare che nel castello di Troina venne custodita la “cassa” dei domini siciliani ovvero il tesoro del Conte. C) Ce la sentiamo di confermare che il primogenito Giordano viene sepolto a Troina.
Per quanto riguarda le altre notizie: D) Non abbiamo nessuna certezza sulla nascita a Troina (o a Mileto?) del figlio Simone. E) Le seconde nozze di Ruggero sono celebrate con Eremburga e non con Matilde di Provenza. F) La Matilde di Provenza che Squillaci cita non può che essere invece Matilde, figlia di Ruggero e della prima moglie Giuditta d’Evreux, che nel 1080 sposa Raimondo di Tolosa. Non abbiamo certezze su Troina luogo delle nozze di Matilde e Raimondo ma a nostro avviso tutto lo lascia supporre. G) Sul rinvenimento nel convento basiliano di San Michele Vecchio del manoscritto della biografia del Conte Ruggero vergato da Malaterra, leggendo Squillaci, si sarebbe indotti a ritenere che la copia rinvenuta sia il manoscritto originale del monaco benedettino normanno, quella scritta di suo pugno. Non è così. Sulla questione rimandiamo alla magistrale ricostruzione di Fabio Venezia. Ha chiarito in modo esaustivo come stanno le cose nel suo saggio “Fra rinascita e declino. Dinamiche economiche e attività culturali in un monastero italo-greco siciliano dal XII al XVI secolo” pubblicato nel 2006 dal “Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata” e nel 2007 nel volume a cura dello stesso Venezia “San Silvestro e il monachesimo italo-greco a Troina”. Rimandiamo pertanto a questo saggio non senza riportarne una considerazione chiarificatrice: “Rocco Pirri sostiene che intorno alla metà del Cinquecento l’abate Fabio de’ Montaperto ritrovò nel cenobio troinese “antiquissima volumina Monachiae, ac historiam Gaufridi Malaterrae a Comis nostri Rogerii temporibus m.SS”. Si tratta di uno dei pochi codici della cronaca del monaco benedettino che seguì i normanni in Sicilia; non certamente dell’autografo, visto che già dal trecento l’opera malaterriana circolava in ambiente di corte e lo stesso fra Simuni da Lentini l’aveva tradotta dal latino in volgare siciliano”. Il manoscritto non è quello autografo, uscito da penna e calamaio di Malaterra, ma una sua copia, trascritta come si usava nel Medioevo dall’originale nella scrittoria di qualche convento (immagine che ci riporta inevitabilmente alla mente il libro capolavoro di Alberto Eco e il film che ne è tratto, non meno capolavoro, “Il nome della rosa”). Conventi e abbazie sono templi religiosi ma anche templi del sapere e della trasmissione delle conoscenze grazie a tanto prezioso e paziente lavoro di ricopiatura da parte degli amanuensi. H) Per imbarcarsi a Termini e poi definitivamente a Palermo alla volta dell’Ungheria dove va a sposarsi, la figlia del Conte Ruggero Busilla con il seguito si muove da Troina o da Mileto? Siamo propensi a sostenere la prima ipotesi. Infatti da Mileto se non si imbarcava in qualche porto calabrese avrebbe potuto farlo dal porto di Messina, secondo a nessuno in Sicilia in quel tempo per traffico navale e movimento di uomini e merci. I) Nessun indizio abbiamo rinvenuto a proposito della sepoltura della prima moglie Giuditta a Troina e tendiamo ad escludere questa ipotesi. Decisamente più probabile che sia avvenuta a Mileto.
Documentazione, bibliografia, sitografia
Goffredo Malaterra “Imprese del Conte Ruggero e del Fratello Roberto il Guiscardo” – Introduzione di Vincenzo D’Alessandro – Traduzione e note di Elio Spinnato. Flaccovio Editore, 2000.
Francois Baruchello “I Normanni d’Italia barbari geniali”. Zaccaria Editore, 2004.
“Ruggero I, Serlone e l’insediamento normanno in Sicilia”. Convegno internazionale di studi promosso dall’istituto Italiano dei Castelli-Sezione Sicilia. A cura di Salvatore Tramontana. Atti raccolti da Isidoro Giannetto e Massimiliano Ragusa. Laboratorio per l’arte, la cultura, l’ambiente. Troina, 2001.
“Ruggero I Gran Conte di Sicilia 1101-2001” Istituto italiano dei castelli – Sezione Sicilia. Atti del Congresso internazionale di studi per il IX Centenario (Troina 29 novembre – 2 dicembre 2001). A cura di Guglielmo de’ Giovanni Centelles. Atti riuniti da Isidoro Giannetto e Massimiliano Ragusa. Laboratorio per l’arte, la cultura, l’ambiente. Troina-Roma 2007.
Pasquale Hamel “L’invenzione del regno. Dalla conquista normanna alla fondazione del Regnum Siciliae (1061-1154). Nuova Ipsa Editore. Palermo, 2009.
Vincenzo Squillaci “Chiese e conventi. Memorie storiche e folkloristiche della città di Troina”. Tipografia Merlino. Catania, 1972.
“Documenti latini e greci del conte Ruggero I di Calabria e di Sicilia”. Edizione critica a cura di Julia Becker. Istituto Storico Germanico di Roma & Vuella S.r.l., 2013.
Sebastiano Fabio Venezia “Fra rinascita e declino. Dinamiche economiche e attività culturali in un monastero italo-greco siciliano dal XII al XVI secolo” in “San Silvestro e il monachesimo italo-greco a Troina”. A cura di Sebastiano Fabio Venezia. Pubblicato dalla Venerabile Confraternita di San Silvestro Monaco Basiliano. Troina, 2007.
Wikipedia. Voci: “Ruggero I di Sicilia”; “Giuditta d’Evreux”; “Eremburga di Mortain”; “Adelasia del Vasto”; “Giordano d’Altavilla”; “Goffredo di Ragusa”; Flandina d’Altavilla; “Matilde d’Altavilla (contessa di Tolosa)”; “Malgerio d’Altavilla (conte di Troina)”; “Muriella d’Altavilla”; “Costanza d’Altavilla (moglie di Corrado di Lorena)”; “Felicia d’Altavilla”; “Giuditta d’Altavilla”; “Simone di Sicilia”; “Matilde d’Altavilla (contessa di Alife)”; “Ruggero II di Sicilia”.
“Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea”, www.genmarenostrum.com
Maria Oliveri “Fu contessa di Sicilia e regina (ripudiata) di Gerusalemme: la storia di Adelasia del Vasto” in “Balarm”, 23 gennaio 2023.
Fara Misuraca “Ruggero II d’Altavilla” in www.stupormundi.it.
“La Sicilia normanna. La conquista. Quinto Capitolo” in www.LUTEMilazzo.it.
“Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea”, www.genmarenostrum.com
“L’amore al tempo dei Normanni” in www.ilcampanileenna.it
“Ruggero II d’Altavilla” in gw.geneanet.org
Giovanni Amatuccio “Fino alle mura di Babilonia”. Aspetti militari della conquista normanna del Sud” in “De Re Militari – The Society for Medieval Military History” in www.deremilitary.org.
Giovanni Amatuccio “Cavalieri normanni tra mito e realtà” in www.storiaonline.org.
Salvatore Tramontana “L’effimero nella Sicilia normanna”, Sellerio. Palermo, 1988.
- A. Garufi “Adelaide e Goffredo, figliuolo del Gran Conte Ruggero” in “Rendiconti dell’Accademia di Acireale”, Serie III, Vol. VI.
Pino Scorciapino
(FINE)