Nata anche per riparare i danni causati dal secondo conflitto mondiale alle linee elettriche e rivitalizzarne l’alimentazione con le sue risorse idriche, la diga Ancipa di Troina, diventata nel tempo anche dispensatrice di acqua potabile per un vasto territorio della Sicilia centrale, per lo più compreso nelle province di Enna e Caltanissetta, oggi, a causa della lunga siccità che affligge l’Isola, è a minimi storici in quanto a capienza d’acqua e, probabilmente fra non molto sarà del tutto vuota.
Promossi dalla Regione Sicilia, i lavori di costruzione dell’invaso iniziarono il 21 settembre 1949; consentirono l’occupazione a centinaia di operai; richiamarono esperti e tecnici da tutta Italia.
Il lavoro, nei cantieri, molto duro e pericoloso procurò gravi episodi di morte sul lavoro. L’alto costo umano dell’opera che piegava la natura al servizio dell’uomo e dei suoi bisogni fece nascere, senza dubbio, un forte sentire sindacale, sconosciuto e inaspettato in quegli anni e in quel luogo remoto della Sicilia interna, che, però, grazie a quei lavori mutò e progredì nelle condizioni economiche e sociali. Tanto che la costruzione della diga Ancipa, durata cinque anni, apparve emblematica e significativa della modernizzazione e del progresso della Sicilia intera.
Nel 1953, lo scrittore francese Jean Cocteau, in un suo scritto dal titolo “Salut à la Sicile”, pubblicato sulla rivista “Sicilia”, edita da Flaccovio, raccontando del suo tour nell’Isola, rilevava che oltre a monumenti e paesaggi unici e preziosi, aveva ammirato opere imponenti, frutto del lavoro dei siciliani, seriamente impegnati nella ricostruzione materiale del loro territorio, devastato e ridotto in macerie dalla seconda guerra mondiale; tra queste notevoli e progredite opere, annota ammirato Cocteau “c’è una grande diga in costruzione vicino Troina dove ingegneri e operai sembrano volare su carrelli sopra la voragine”.
Nel 1956, appare, sulla rivista di studi economici e sociologici “Prospettive meridionali” uno scritto di Elio Bartolini, già autore di riconosciuto successo e dagli ampi interessi – dalla letteratura, alla saggistica, al cinema – dal titolo “Ancipa, una vittoria sull’antico fatalismo del Sud”. Bartolini arrivò all’Ancipa da Paternò, lasciandosi quindi alle spalle il verde intenso degli agrumeti e degli ulivi incontrati nel percorso e lasciandosi momentaneamente alle spalle anche Troina, di cui però, aveva potuto scorgere un bel gruppo di case, arroccate su un pendio e circondate da un panorama che gli ricordava, nei colori e nelle forme petrose e aride, il Carso. Era convinto, Bartolini, che quello di Ancipa fosse il nome di un fiume o di un lago e invece scopre che è il nome di un monte, il monte che ne fronteggia un altro poco distante, il Mannia. Accompagnato da tecnici e operai addetti al controllo della Diga Ancipa, attraversa il muro esteso e alto che raccoglie le acque del fiume Troina e di altri piccoli torrenti dei Nebrodi; esplora, con meraviglia e interesse le gallerie e le condotte forzate della maestosa diga, che veicolano l’acqua verso i chilometrici tubi che la portano a Grottafumata e al Contrasto ad alimentare le centrali idroelettriche allestite in quelle contrade; e apprende che, gallerie e condotte forzate, spingono l’acqua finanche nel territorio di Catania dove andrà a irrigarne la Piana. Insomma, con estremo entusiasmo, nel suo breve saggio per la rivista “Prospettive Meridionale” documenta come la Diga Ancipa, controllata e gestita da macchinari modernissimi e all’avanguardia ‘comandati’ da operatori competenti e specializzati sia una vera ed efficiente risorsa idroelettrica al servizio di un vastissimo territorio interno dell’Isola, capace di rappresentare emblematicamente e realmente un esempio chiaro e funzionale di come sia stato possibile vincere l’antico e radicato fatalismo meridionale, facendo intravedere la possibilità concreta di una modernizzazione possibile e progressiva dell’Isola, non più immobile nella sua economia e pessimista nella volontà e nella mentalità dei suoi abitanti. Nel 1969, pubblicato postumo, uscì “Le citta del mondo” di Elio Vittorini. Nella parte finale della narrazione, un personaggio del romanzo si trova a consigliare al figlio del pastore, protagonista della storia narrata da Vittorini, un futuro diverso da quello del padre e così gli dice: “…Potrebbe lavorare da zolfataro e guadagnarsi dei soldi … O alla diga che costruiscono su a Troina…”,”… se lavorassi per conto tuo a incatramare le strade o a costruire la diga di Troina, allora il denaro che guadagneresti saresti tu a disporne. E a cottimo ne guadagneresti mica poco, forte e robusto come sei…”, facendogli intravedere, nella novità del lavoro nelle grandi imprese moderne, un’occasione di crescita economica e umana e di emancipazione dalle immobili e arcaiche condizioni del mondo e del lavoro contadino. E l’Ancipa e le sue forme e dimensioni spettacolari, frutto del lavoro di un enorme e moderno cantiere, vennero immortalate anche dalla Liebig, che le dedicò una sua figurina, nel ’62, collocandola nella serie di figurine sulle grandi dighe del mondo.
Silvestro Livolsi