È consistente a Troina il numero dei notai nel XVI secolo. Meno numeroso ma ben presente anche il nucleo di esercenti le professioni mediche. Non solo medici ma anche speziali, i farmacisti del tempo.
Su queste categorie professionali ha effettuato una accurata indagine Fabio Venezia. In Incunaboli e Cinquecentine della Biblioteca comunale di Troina – saggio a cura di Pietro Scardilli pubblicato nel 2006 dalla Biblioteca Francescana Officina di Studi Medievali di Palermo – Venezia ha scritto la pregevole Nota storica che apre il volume. Titolo: “Attività culturale e circolazione libraria in un centro demaniale della Sicilia tra Medioevo ed Età moderna (secc. XV-XVII)”. Nelle otto pagine del paragrafo 3 “Medici e giuristi. Formazione ed esercizio della professione”, Venezia si occupa di queste categorie professionali. Per chi voglia approfondire o compulsare il testo (magari alla ricerca di un possibile antenato tra le decine di professionisti citati dall’autore) il consiglio è di procurarsi il volume di Scardilli e Venezia o di consultarlo nella biblioteca comunale. Si potranno così leggere molte e più dettagliate informazioni di quelle qui riportate in modo sintetico.
Cominciamo dai notai. Nel corso del Cinquecento a Troina, centro che allora contava oltre cinquemila abitanti, operarono una ventina di notai. Il ceto togato, osserva Venezia, non ha solamente il compito di gestire ed esercitare il potere e di ricoprire, altresì, le più alte cariche pubbliche. Fanno parte di questo gruppo sociale, ad un livello certamente più basso e meno prestigioso, anche coloro i quali esercitano solamente la professione, senza tuttavia ricoprire incarichi pubblici. Di questi notai abbiamo notizia attraverso i registri notarili. Troviamo anche intere famiglie come nel caso degli Spanò: Pietro Paolo opera tra il 1506 e il 1553, Antonino dal 1552 al 1602 e Antonio, sempre della stessa famiglia, tra il 1554 e il 1585. Stessa sequenza per la famiglia Barone: Angelo esercita tra il 1574 e il 1582, Nicolò Filippo dal 1586 al 1644 (se non c’è un errore di trascrizione considerato che il periodo è eccessivamente lungo) e Girolamo nel periodo compreso tra gli anni 1588 e 1593. Accanto a queste famiglie si sa per certo che nel 1575 esercitavano la professione di notaio Medio De Flore (1569-1575: morì di peste considerato che quell’anno il tragico contagio si portò via troinesi a centinaia) e Pilio Tudisco (1564 1582). Esponenti che hanno ormai sostituito in buona parte le vecchie casate che dal Trecento si contendevano tale esercizio. In parecchie famiglie la professione si tramandava di generazione in generazione e per essere abilitati si doveva prima superare un esame di idoneità presso il Protonotaro del Regno.
Quanto ai medici, alla fine del XVI secolo (siamo quindi un paio di decenni oltre l’infuriare della pandemia di peste) operano a Troina ben 9 “doctores”, anzi ad essere più precisi artium et medicinae doctores: Pietro Paolo Nasiti, Paolo Ferraro, Antonio Zuccaro, Flaminio Compagnone, Arcangelo Suraniti, Tommaso Giambertone, Marco Antonio La Vignera, Silvestro Vitale ed Antonino Rizzo. Personalità di secondo piano rispetto al più noto Gian Filippo Ingrassia di Regalbuto o Marcello Capra di Nicosia, nota Venezia, ma comunque impegnati, sebbene a livelli più bassi, nella cura dei pazienti e in particolare dei pauperes ovvero dei poveri, quest’ultima intesa come comportamento assai consono all’esercizio della charitas cristiana.
Ai medici vanno aggiunti quattro aromatari: Gian Antonio Calabrese, Silvestro Cortese, Paolo Timpanaro e Benedetto Burgos. Gli aromatari sono gli speziali ovvero coloro che preparavano e vendevano rimedi, erbe medicinali ed infusi vari. Medici e speziali, od aromatari che dir si voglia, in molte città della penisola (a Firenze per esempio) già dal Medioevo erano riuniti in una corporazione unica.
Questa borghesia della professione medica non disdegna, quasi per meglio consolidarsi, matrimoni ed incroci di parentela. Sappiamo che Giulio Ferraro, figlio del medico Paolo, sposa Maria, figlia dell’aromatario Gian Antonio Calabrese, e che la figlia di Calabrese Antonia sposa il medico Flaminio Compagnone. Giacomo, altro figlio del dottor Paolo Ferraro, sposa invece la figlia del dottor Pietro Paolo Nasiti. Unioni che sanno tanto di matrimoni combinati dalle famiglie. Come del resto si usava allora. Chissà se e quanta passione e amore si siano poi consolidati in queste coppie quasi obbligate a formarsi prima di tutto per censo e classe sociale.
Pino Scorciapino